Maiali si Nasce, Salami si Diventa: Un'Analisi Approfondita della Tradizione Italiana

L'espressione "Maiali si nasce, salami si diventa" racchiude in sé un universo di significati legati alla tradizione contadina italiana, in particolare quella emiliana e romagnola, dove la lavorazione del maiale, o "pcarìa" (termine vernacolare in uso in buona parte del territorio emiliano e nelle zone di pianura circostante), rappresenta un rito quasi sacro, un momento di aggregazione familiare e una garanzia di sostentamento per i mesi invernali. Questo articolo esplora a fondo questa tradizione, analizzandone le origini, i significati simbolici, le pratiche e le superstizioni ad essa connesse, fino ad arrivare alla moderna produzione industriale di salumi.

La "Pcarìa": Un Rito Familiare

La "maialatura" privata, artigianale, è stata per millenni l’unica forma di lavorazione del suino. L'industria usa ora macchine e mezzi che aiutano l’operaio salumiere, ma in nessun caso lo possono sostituire. Interessa, invece, quella operazione, che potremmo definire quasi "sacra", che per secoli tutte le famiglie hanno fatto, annualmente, per assicurarsi il vitto per i mesi invernali, i più duri e difficili, quando cioè la campagna riposa e non dà frutto alcuno. La tradizione continua soprattutto per il piacere di fare da sé e il gusto di applicare quei piccoli segreti, tramandati di padre in figlio, che consentono di pensare alla realizzazione di un prodotto superiore a quello ottenuto da altri.

L'Allevamento del Maiale

L’allevamento a domicilio incomincia solitamente nei mesi di marzo o aprile, allor quando si acquista un maialino appena svezzato, oppure si inizia in giugno con un animale ancora magro, ma già castrato. Appena acquistato viene affidato ad una donna della famiglia, di solito alla "rezdòra", o a una sposa giovane, che ne curerà l’alimentazione e la salute per tutta la durata dell’allevamento. Sussiste in Romagna una tradizione secondo la quale la novella sposa, tra le varie prove che deve sostenere per dimostrare le sue abilità e qualità domestiche, deve cimentarsi nel preparare e nel somministrare "la broda" al maiale. Va precisato che la "broda" è quell’intruglio che si dà al maiale nei primi mesi che seguono l’acquisto.

Il Periodo della Macellazione

Siamo giunti al tardo autunno-inizio inverno, al periodo ideale per fare "pcarìa". Il momento adatto ci viene suggerito dalla tradizione popolare coi proverbi; ne abbiamo trovati parecchi: "Per Sant’Andrea (30 novembre), ciapa al porch per la sea". (Per Sant’Andrea prendi il porco per le setole); così si dice nelle località della "bassa". Nel modenese e nel bolognese si usa dire: "Per San T’mès (21 dicembre) ciapa al porch per al nès". (Per San Tommaso, prendi il porco per il naso) e ancora, "Per Santa Luzìi (13 dicembre) e per Nadèl, al cuntadèin maza al purzèl". Oppure, sempre i benestanti, uccidevano un maiale ai primi freddi e un altro nel tardo gennaio. Ricapitolando: abbiamo detto che il tempo migliore per la macellazione è quello intorno al Natale; è opportuno scegliere una giornata fredda, asciutta, non nebbiosa. In certe zone, come l’Appennino modenese e bolognese, si tien conto anche delle fasi lunari; occorre, per il caso nostro, luna piena, altrimenti, si crede, i salami non "legano".

La Festa della Macellazione

Fissata la data ci si prepara alla festa, poiché veramente di festa si tratta. In alcune zone della Romagna, questa cruenta cerimonia è chiamata "Sposalizio del maiale" e non si vuole fare ironia, ma soltanto indicare il clima festoso che anima i componenti della famiglia, dei parenti che si ritrovano per l’occasione, dei vicini che si precipitano a dare "una mano", acquistando così il diritto di fermarsi a pranzo… un "banchetto nuziale", in verità, quanto mai succulento. Maestro di cerimonie, o se preferite "sacerdote", è quell’esperto che provvede a tutta la serie delle operazioni annesse alla macellazione e alla conseguente lavorazione delle carni.

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Le Fasi della Lavorazione

La Macellazione

Ma ritorniamo alla meno romantica, più concreta operazione di uccisione del maiale; i metodi usati per "l’esecuzione" sono tanti, variano da zona a zona e, forse, ogni "boia" ha il suo. Posto il maiale in un recipiente di legno a forma parallelepipeda, con ampia svasatura verso l’alto, vi si versa sopra acqua bollente che servirà a un lavaggio vero e proprio ed anche ad ammorbidire le setole che verranno poi rimosse mediante un raschietto a doppia impugnatura. Compiuta questa prima pulizia esterna, il maiale viene appeso per le zampe posteriori a una trave, aperto a metà dalla parte del ventre, in senso longitudinale e, dopo aver asportato gran parte dei visceri, si procede a segare le ossa ischio-pubiche e quelle dello sterno. Vengono poi estratti gli organi contenuti nelle cavità del bacino, dell’addome e del torace.

La Sezionatura e la Preparazione dei Salumi

Nel secondo atto la scena cambia, si svolge entro casa, solitamente nell’ampia cucina; l’atmosfera è più raccolta, più mistica; il gran sacerdote o salumaio alza il coltello affilato in precedenza con l’acciarino e comincia a sezionare il maiale, suddividendo in vari mucchi le diverse parti e i diversi tipi di carne. A sezionatura avvenuta, il salumaio chiama a raccolta i suoi improvvisati collaboratori, dà le debite disposizioni ed affida a ciascuno un compito ben preciso. Alla "rezdòra" affida le carni di pronto consumo, quelle cioè che non verranno né salate, né conciate, ma consumate fresche. In fine troviamo i così detti "doni di scambio": sono quelli che si offrono con un pizzico di calcolo, un dono velatamente interessato, che viene offerto ai vicini, i quali ricambieranno quando, a loro volta, faranno "pcarìa"; in certe zone, quasi a garanzia di questo scambio, il vicino restituisce il piatto o recipiente che sia, senza pulirlo. Ritorniamo in cucina, dove il nostro salumaio ha già provveduto a rifilare i prosciutti e dare forma alle coppe; ne sono usciti ritagli che andranno ad aggiungersi alla carne già destinata agli insaccati. Tritata la carne per i salami, vediamo in disparte, già pronta, l’altra, meno pregiata, che servirà per le salsicce; un terzo mucchio comprende carne mescolata a cotiche per cotechini e zamponi. Nel frattempo, alla macchina tritacarne sono stati smontati i coltelli e si è applicato all’uscita del cono una specie di prolunga, pure a forma conica; si darà inizio alla insaccatura dei salami, operazione quanto mai delicata poiché basterebbe che nel budello si formasse la più minima bolla d’aria, per rovinare il salame. Si procederà così per i salami, poi per la salsiccia, infine per cotechini e zamponi. Per i salami, importanza determinante avrà la legatura (è questo uno dei punti in cui si potrà evidenziare l’abilità dell’operatore); occorre mano assolutamente esperta.

La Preparazione dello Strutto e dei Ciccioli

Al fuoco vivo, tutto il miscuglio fonde per darci due prodotti: strutto e ciccioli. Si estrae dalla pentola la parte più liquida che, raffreddando, si solidifica diventando appunto strutto, da sistemare in vesciche ricavate dallo stesso maiale o in vasi; durerà tutto l’anno e si presterà ottimamente per friggere qualunque cosa. I residui solidi della predetta fusione, verranno raccolti in un telo, messi fra le ganasce di legno di una speciale morsa e pressati a lungo, avendo cura di mettere sotto un tegame per raccogliere il grasso liquido (strutto) che ancora uscirà.

L'Utilizzo della Testa del Maiale e di Altre Parti

Svuotato il pentolone dove si son cotti strutto e ciccioli, vi si versa ora la carne della testa, debitamente sminuzzata; il salumaio ha tolto in precedenza cervella, guance, gola e lingua. Troviamo, rovistando nel passato, anche la curiosa tradizione di conservare la mandibola del maiale che veniva consegnata alla "rezdòra" la quale la fissava all’interno del mastello per il bucato, in prossimità del foro di scarico, a evitare che gli indumenti uscissero od ostruissero il foro stesso quando veniva tolto il tappo per fare uscire il ranno. Ancora oggi, nel finalese, la mandibola del maiale viene chiamata "bugadùr" (addetto al bucato). Nell’alto e medio Polesine la mandibola del maiale era spesso appesa e conservata nel porcile; nella stessa zona, a memoria d’uomo, è stato sempre facile notare mandibole di maiale appese alle pareti di casa. Durante scavi archeologici, effettuati nelle zone dell’Emilia, si è potuto rilevare e documentare che mandibole di maiali o cinghiali venivano conservate anche in antichissimi tempi.

L'Asciugatura e la Stagionatura

Ritorniamo in cucina dove il lavoro procede a ritmo serrato; salsicce, cotechini, zamponi e salami pendono ora da lunghe pertiche, fissate al soffitto; per alcuni giorni verrà tenuto ben acceso un fuoco continuo destinato a favorire l’asciugarsi degli insaccati e a facilitare il restringersi dei rivestimenti e una conseguente migliore adesione al contenuto. Il tempo per ottenere ciò potrà essere di due o tre giorni, ma molto dipenderà dalla stagione e dalle condizioni atmosferiche. Il salume viene poi riposto nella cantina dove inizia quel periodo di stagionatura variabile da salume a salume.

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Il Ruolo delle Donne e dei Bambini

Le donne erano state escluse dall’assistere alla macellazione e ai lavori di macelleria; superstizione o sfiducia nella disposizione della donna per certi lavori? E i ragazzi? Potrà sembrare strano, ma quelli sono tollerati; in questo frangente stanno tranquilli, intimoriti e suggestionati dal frenetico lavoro che si svolge attorno, dai secchi ordini del salumaio che ha avuto il coraggio di uccidere il porco e che pertanto appare ai loro occhi figura da fiaba, fra l’orco della caverna e l’impavido guerriero. Finita la lavorazione e la sistemazione del salume, ecco riapparire le donne che vengono riammesse per pulire l’ambiente da ogni traccia del "fattaccio" o da qualche residuo, ma, soprattutto per predisporre tavola e quant’altro occorre per il gran finale: il pranzo con cui si festeggia lo "sposalizio" del maiale.

Il Pranzo Finale

Mentre fervono i preparativi, gli uomini, fuori, si lavano e si riassettano; la "rezdòra" suda al camino intenta a sorvegliare una lunga teoria di tegami e padelle, ove borbottano e sfrigolano umidi e fritti. Aria di festa dovunque, la tensione che aveva coinvolto tutti gli "addetti ai lavori" è sparita portandosi anche la preoccupazione per la buona riuscita delle operazioni; tutti, a nervi finalmente rilassati, si siedono a tavola. Per significare l’allegria di questo momento e la gioia dell’invitante pranzo, basterà riportare un detto comune nelle campagne: per indicare persona solitamente imbronciata, di cattivo umore, si è soliti dire, nei diversi dialetti: "Lalò an réd gnànch quand i màzen al porch!". (Quello non ride neppure quando uccidono il maiale). Con questo pranzo si conclude la "pcarìa"; una conclusione brillante, su misura e in tema. Si è conclusa così la festa: una festa in cui, sul fatto sostanziale, impegnativo e severo come un rito, affiorano pennellate di tradizione, di folclore, di innocente superstizione; e tutto questo, per la verità, non guasta.

Il Budello: L'Involucro del Salame

Il budello è l’involucro che racchiude gli insaccati, la cosiddetta “pelle esterna” che permette di portare a maturazione le carni in esso contenute, dando loro una determinata forma. L’uso dei budelli di maiale risale all’antichità, quando venivano utilizzati per conservare la carne in maniera sicura ed evitare il deterioramento dell’alimento. La scelta del tipo di budello dipende dal tipo di prodotto che si vuole realizzare e dalle esigenze del consumatore finale. I budelli naturali derivano dalle varie specie animali. Le budella trattengono l’impasto che si introduce all’interno, permettendo scambi con l’esterno soprattutto durante il periodo del prosciugamento grazie alla loro porosità, tenacia e aderenza alla massa insaccata. Per quanto riguarda la procedura, gli intestini degli animali sopra citati vengono ben lavati e puliti subito dopo la morte in modo che non si alterino le caratteristiche organolettiche a causa delle fermentazioni; poi vengono trattati per la conservazione con salature in diverse riprese e successivamente poste sotto sale in barilotti in legno o di plastica. Così facendo, all’interno di recipienti con chiusura ermetica, le budella non entrano a contatto con luce e aria e non vengono alterate. Il contenuto è posto in grandi vasche sotto salamoia per una completa e maggiore sgrassatura e stagionatura, che si completa in due o tre mesi. Le varie parti dell’apparato digerente vengono utilizzate per diversi tipi di insaccati. Ma non sono solo le parti dell’apparato digerente a essere usate come involucri. Gli involucri di fibra animale rigenerata si ottengono da pelli (o derivati della loro lavorazione) che vengono trattate, lavate, selezionate, tagliate in lamelle e ridotte allo stato, appunto, di fibra. Quindi quali sono i vantaggi dei budelli artificiali? Sicuramente la costanza del calibro, la mancanza di flora microbica, l’assenza di grassi e di odori e la facile spellabilità delle fette. Per utilizzare correttamente il budello sintetico, è importante innanzitutto prenderne cura durante lo stoccaggio: deve essere conservato in luogo fresco e asciutto, lontano da fonti di calore e umidità. Per farlo, è sufficiente immergere il budello in acqua tiepida per circa 30 minuti, dopodiché sarà pronto per essere riempito con la carne tritata e gli altri ingredienti necessari alla preparazione della salsiccia o del salume. Per acquistare il budello ci si può recare presso macellerie specializzate o negozi di alimentari che vendono prodotti per la produzione di salumi.

Il Maiale nella Cultura Popolare

Oltre alle pratiche di macellazione e lavorazione, il maiale è protagonista di numerosi detti, proverbi e superstizioni che testimoniano il suo ruolo centrale nella cultura popolare italiana.

Proverbi e Detti

  • "Per Sant’Andrea (30 novembre), ciapa al porch per la sea": Indica il periodo ideale per iniziare la macellazione.
  • "Per San T’mès (21 dicembre) ciapa al porch per al nès": Altro riferimento temporale per la macellazione.
  • "Per Santa Luzìi (13 dicembre) e per Nadèl, al cuntadèin maza al purzèl": Conferma l'importanza del periodo natalizio per la macellazione.
  • "Lalò an réd gnànch quand i màzen al porch!": Detto usato per descrivere una persona sempre imbronciata.
  • "L è ignoràant cóome un pòorch!": Indica una persona ignorante.
  • "Al maagna cóome un pòorch!": Riferito a chi mangia in modo vorace.
  • "T ii indrée cóome la còvva dal pòorch!": Descrive una persona molto indietro in qualcosa.
  • "Cumma vaala?" - “Cóome un pòorch in sìmma a ‘na piòopa sèinsa ungiin!”: Esprime una situazione difficile e precaria.
  • "Al ghèerb l è brutt, mò al pòorch al stà bèin!": Detto scherzoso riferito a chi erutta in pubblico.
  • "A lavèers i pée a se stà bèin un dè, a tóor muiéera ’na stmaana, a masèer al póorch un aan": Sottolinea l'importanza e l'impegno richiesto dalla macellazione del maiale.
  • “L à miss al pòorch a l’òora”: Avere raggiunto una situazione di benessere economico.

Superstizioni

  • Non si doveva uccidere il maiale in presenza di femmine mestruate.
  • Non si dovevano pronunciare parole di cordoglio, dolore, compassione o di compatimento per la cruenta fine della bestia.
  • Non si poteva macellare di venerdì, nei giorni 7, 13 o 17, nonché nei primi giorni del primo quarto di luna.
  • In Romagna, per guarire il maiale dalle più comuni malattie, gli si tagliava un pezzetto di orecchio o di coda, lo si faceva bollire e lo si gettava nel letamaio.

Il Maiale come Simbolo

Il maiale è un vero simbolo di abbondanza e fertilità e, ancor oggi, la sua morte accidentale o per malattia, è vista quale presagio di sventure e carestie.

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Il Maiale Oggi: Tra Tradizione e Industria

La tradizione della "pcarìa" continua a vivere in molte famiglie italiane, che perpetuano le antiche usanze e i segreti tramandati di generazione in generazione. Tuttavia, la produzione di salumi è oggi dominata dall'industria, che utilizza tecnologie moderne per garantire standard di sicurezza e qualità elevati.

La Produzione Industriale

L'industria usa ora macchine e mezzi che aiutano l’operaio salumiere, ma in nessun caso lo possono sostituire. Non sarà mai possibile inventare una macchina, perfezionata quanto si voglia, capace di legare i salami come lo fa il vecchio salumiere: solo la sensibilità esercitata della sua mano potrà dare la giusta tensione allo spago, fattore determinante per un perfetto risultato della confezione.

La Sopressa Trevigiana: Un Esempio di Tradizione che Resiste

Pur se meno celebre di quella vicentina, che si fregia anche del marchio Dop, la sopressa trevigiana (con una sola “p”, perché l’abitudine di eliminare le doppie nel parlato, da queste parti, diventa anche grafia) ha una lunga tradizione e - come i musetti, i salami ed altri insaccati - è sempre stata prodotta in casa dalle famiglie che avevano la fortuna di possedere il bene più prezioso: il maiale. È lui a spiegare il quanto la tradizione del salume “de casada”, ossia prodotto in casa, sia molto più di un’abitudine alimentare.

I "Becheri": Gli Esperti della Lavorazione

“Un tempo, gli esperti becheri, ossia coloro che conoscevano bene l’arte del far su, erano numerosi, anche perché la macellazione casalinga del maiale avveniva, quasi simultaneamente in tutte le famiglie, nel periodo più freddo dell’anno - tra dicembre e gennaio - per assicurare la migliore conservazione della carne da lavorare. Un periodo di tempo ristretto che richiedeva quindi una nutrita manodopera qualificata, aiutata per le operazioni più semplici dagli uomini di casa, per rendere possibile osservare il termine tradizionale imposto alle operazioni, ossia il 17 gennaio.

Le Malghe Trevigiane: Un Esempio di Allevamento Tradizionale

Mutate le condizioni culturali e sociali, non sono molti gli allevatori che macellano in casa i propri maiali e producono insaccati “de casada”, destinati al solo consumo privato come dettano le norme sanitarie attuali. “A dire il vero non sono nemmeno molti coloro che allevano maiali in casa - specifica Gasparini - ma è una pratica ancora piuttosto diffusa soprattutto tra i malgari, ossia gli allevatori di bovini che nella bella stagione portano gli animali all’alpeggio nelle malghe della pedemontana trevigiana. È piuttosto frequente, infatti, trovare vicino alle stalle il ricovero dei maiali, che così per alcuni mesi osservano una dieta alpina di grande valore, poiché vengono nutriti con il latticello, ossia il residuo della produzione dei formaggi di malga. Che, proprio come questi ultimi, profuma delle erbe e dei fiori dei pascoli, nutrendo quindi adeguatamente i maiali, ma anche ammorbidendo e profumandone la carne.

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