Il pH del lievito di birra: un fattore chiave nella panificazione e nella birrificazione

Il lievito, un microrganismo unicellulare, svolge un ruolo fondamentale sia nella panificazione che nella birrificazione. In particolare, il Saccharomyces cerevisiae, comunemente noto come lievito di birra, è ampiamente utilizzato per la sua capacità di fermentare gli zuccheri, producendo anidride carbonica ed etanolo. Il pH, una misura dell'acidità o basicità di una soluzione, è un parametro cruciale che influenza l'attività del lievito e, di conseguenza, la qualità del prodotto finale.

Cos'è il lievito di birra?

Il lievito di birra (Saccharomyces cerevisiae) è il lievito più diffuso per la preparazione di pane e dolci casalinghi. Agisce rapidamente e in modo lineare: la fermentazione alcolica trasforma gli zuccheri in anidride carbonica ed etanolo, garantendo una spinta costante e prevedibile. Il formato fresco (cubetti da 25 g) è il più comune, mentre la versione secca attiva o istantanea offre maggiore conservabilità. La differenza principale rispetto ai lieviti naturali è il profilo aromatico: il lievito di birra sviluppa aromi semplici e poco persistenti, conferendo al prodotto un gusto più neutro. La velocità di fermentazione può essere modulata regolando dosi e tempi: usarne meno e aumentare la maturazione dell’impasto permette di ottenere pane e dolci più leggeri e profumati. Il lievito di birra è ideale per impasti diretti, che non richiedono prefermenti. Permette di preparare pane casalingo, pizza napoletana o pizza in teglia in 2-4 ore complessive. In panificazione professionale, è possibile ridurre la dose di lievito.

Lievito di birra vs. Pasta Madre

Il pane autentico è quello fatto con la pasta madre. Il pane lievitato con il lievito di birra, soprattutto con farina super-raffinata e super-dosi di lievito, è da considerare un “falso d’autore”. Lievitare un impasto significa farlo aumentare di volume e renderlo più soffice. Nella lievitazione con la pasta madre l’anidride carbonica è prodotta dai fermenti lattici, batteri che trasformano il glucosio in anidride carbonica e acido lattico (fermentazione lattica). Il lievito di birra non è un batterio ma un fungo microscopico, e si chiama così perché è l’artefice della produzione della birra. Gli scienziati lo hanno battezzato Saccharomyces cerevisiae. La farina utilizzata per gli impasti commerciali lievitati con il lievito di birra, è quasi sempre quella super-raffinata “tipo 00”. Utilizzando questa farina, l’impasto lievita intensamente e rapidamente (grazie anche all’impiego di dosi massicce di lievito e dei miglioratori). La pasta madre è come un intestino supplementare che la natura ha messo a nostra disposizione per digerire alcuni componenti della farina (glutine, fitati, fibre). Sono oltre 350, in massima parte fermenti lattici tra cui spiccano i lattobacilli (i batteri dello yogurt). Questi non solo operano la fermentazione lattica per far lievitare l’impasto, ma svolgono anche altri processi biochimici che portano alla demolizione di vari suoi costituenti, come i grassi, il glutine, la fitina e le fibre. Nel pane lievitato con lievito di birra, il funghetto la fa ovviamente da padrone. Dunque, nell’impasto con la pasta madre c’è una biodiversità microbica che manca completamente a quello fatto con il lievito di birra. Il lievito di birra è ricco di glutammati. Nel caso del pane fatto con la pasta madre, la sofficità non è esasperata, ma è quella giusta che invoglia alla masticazione; il profumo è discreto e fatto di tanti odori, il gusto è sottile ed è dovuto alla combinazione di tantissimi aromi che si sprigionano durante la cottura. Quando esce dal forno il pane è così morbido che manco lo si può tagliare con il coltello. Poi, con passare del tempo, il pane diventa prima duro abbastanza per essere tagliato - e masticato - agevolmente), poi raffermo, cioè duro come la pietra. Questo processo di indurimento è tanto più veloce quanto più bassa è la temperatura di conservazione del pane. Quindi conservare il pane in frigo è un grande errore perché indurisce più velocemente! Il pane con pasta madre non ammuffisce facilmente, grazie ad alcuni lattobacilli che producono particolari acidi grassi monoinsaturi che inibiscono lo sviluppo delle muffe.

Il ruolo del pH nella birrificazione

Nel mondo della birra artigianale, il pH rappresenta un fattore chiave che influenza gusto, aroma e stabilità. Un valore troppo alto o troppo basso può alterare il profilo aromatico o compromettere la stabilità della schiuma. Il pH misura l’acidità o la basicità di una soluzione, con valori che vanno da 0 (molto acido) a 14 (molto basico). Nella birra, il pH si attesta generalmente tra 3,8 e 4,6, un intervallo che ne definisce il carattere. Un pH ben calibrato esalta i sapori, migliora la stabilità e influenza la percezione al palato. Questo parametro agisce come un direttore d’orchestra, armonizzando gli ingredienti. Un pH troppo alto può rendere la birra insipida, mentre un valore troppo basso può accentuare l’acidità, come nelle sour ale.

Il pH gioca un ruolo cruciale in ogni fase della produzione. Durante la macerazione, un pH tra 5,2 e 5,6 ottimizza l’attività degli enzimi che convertono gli amidi del malto in zuccheri fermentescibili. Un valore errato può ridurre l’efficienza, alterando il corpo della birra. Nella fermentazione, il pH influenza il lievito. Un ambiente troppo acido può rallentare l’attività, mentre un pH troppo alto favorisce batteri indesiderati, compromettendo la stabilità.

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Fattori che influenzano il pH della birra

Diversi elementi determinano il pH di una birra. L’acqua è il primo fattore: la sua composizione minerale, come il calcio o il bicarbonato, influisce sull’acidità. Il luppolo contribuisce con acidi alfa. Le fermentazioni spontanee, tipiche delle lambic, abbassano drasticamente il pH, creando birre acide. Anche il lievito influisce: ceppi diversi producono metaboliti che modificano l’acidità. Le tecniche di produzione, come il dry hopping, possono influire marginalmente.

Misurazione e controllo del pH nella birrificazione

Misurare il pH richiede strumenti precisi, come i pH-metri digitali. Durante la macerazione, i birrai controllano il mosto per mantenere il pH tra 5,2 e 5,6. Per regolare il pH, si usano acidi come il lattico o il fosforico, oppure sali come il solfato di calcio. La precisione è fondamentale: un errore di 0,2 punti può alterare il gusto.

Tabella di confronto del pH della birra

La tabella di confronto del pH della birra offre una panoramica chiara dei valori tipici per diversi stili. Questi dati, basati su fonti scientifiche, riflettono le variazioni dovute a ingredienti e tecniche di produzione.

Stile di BirrapH Tipico
Lambic3.2-3.9
Gose3.5-3.7
Berliner Weisse3.2-3.5
American Lager4.2-4.6
Pilsner4.4-4.6
IPA5.2-5.6
Stout5.2-5.6

Il pH del lievito madre

Per ottenere un impasto di qualità sempre alta e con proprietà organolettiche costanti, è fondamentale verificare le caratteristiche del lievito madre prima di ogni preparazione, misurando due parametri fondamentali: il pH e la temperatura. Il pH indica il livello di acidità di una sostanza. In un impasto lievitato sono presenti principalmente l’acido lattico e l’acido acetico. Questi due acidi contribuiscono alla formazione e lo sviluppo degli aromi durante la cottura e la loro presenza influenza l’elasticità dell’impasto, la capacità di assorbimento dell’acqua e di trattenimento dell’anidride carbonica.

Valori ottimali di pH e temperatura nel lievito madre

Il pH ideale per il lievito madre maturo è tra 3.9 e 4.2 pH, con valore ottimale 4.1 pH, mentre la temperatura ottimale alla fine di un rinfresco dovrebbe essere compresa tra 25 e 27°C. Nel caso il valore di pH sia vicino o superiore a 5, il lievito sarà troppo debole, se invece è inferiore a 3.9, siamo in presenza di lievito madre troppo forte. In entrambi i casi sarà necessario procedere alla rilavorazione del lievito madre, eseguendo le opportune azioni correttive.

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Come misurare pH e temperatura del lievito madre

L'unico modo affidabile per misurare il pH del lievito madre è mediante l'utilizzo di un pHmetro per semisolidi, uno strumento elettronico dotato di un apposito elettrodo per la misura diretta negli alimenti semisolidi. Infatti, dato che l'intervallo ottimale di pH è abbastanza ristretto (3.9 - 4.2 pH), è necessaria la massima precisione nella misura, per evitare spiacevoli sorprese dopo la lievitazione.

Vitalità del lievito e pH

Il lievito attivo ridurrà il pH di una soluzione contenente glucosio. La variazione di pH è determinata attraverso una reazione acido-base colorimetrica ed è direttamente proporzionale all’attività del lievito. Il metodo CDR BeerLab® per la determinazione della vitalità del lievito è preciso e ripetibile, come stabilito nel rapporto "Valutazione di nuove funzionalità (VDK, vitalità del lievito) del CDR BeerLab® Analyser" eseguito dal laboratorio di riferimento internazionale Campden BRI - centro di innovazione, ricerca e tecnologia per l'industria alimentare e delle bevande.

Test del lievito

Per eseguire il test sul lievito secco è necessario dissolverlo con acqua distillata e lasciarlo reidratare per almeno 30 minuti. Durante lo svolgimento dell’analisi, è prevista una fase di reazione del lievito in soluzione estraente, della durata di 20 minuti.

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