Dolci Tipici Campani: Storia e Ricette di una Tradizione Inimitabile

La Campania, terra di sole, mare e storia, vanta una tradizione culinaria ricca e variegata, dove i dolci occupano un posto d'onore. La pasticceria campana è un'arte che si tramanda di generazione in generazione, custode di sapori antichi e profumi inconfondibili. In questo articolo, esploreremo la storia e le ricette dei dolci tipici campani, un viaggio attraverso il gusto e la cultura di una regione che sa come conquistare il palato.

Un Patrimonio di Sapori e Tradizioni

La pasticceria napoletana è arte, storia, passione, gusto, dolcezza e profumi inimitabili. Ricette secolari, tradizioni millenarie. Una storia che nasce all’alba dei tempi e racchiude la bellezza dell’incontro tra diverse culture, ognuna delle quali ha lasciato una traccia indelebile di sé in uno dei tanti dolci tipici napoletani. Tanti piccoli grandi dolci sfiziosi che da sempre arricchiscono le vetrine delle pasticcerie e colorano di gusto le tavole degli italiani e non solo.

Le curiosità che accompagnano la pasticceria napoletana sono tante e ognuna racconta un pezzetto di storia di Napoli. Struffoli, sfogliatelle, babà, zeppole, pastiera napoletana, ecc… L’elenco è lungo e variegato perché la cucina partenopea è ricca di fantasia e creatività ed ogni occasione è perfetta da celebrare con un dolce.

La storia di Napoli si incastra da sempre a quella di tante culture: il popolo partenopeo, infatti, ha subito influenze da diverse civiltà nel corso dei secoli e ognuna ha lasciato impresso un segno nella tradizione della città. Nell'ambito della pasticceria c'è un dolce, che è forse il più antico: gli struffoli, le cui origini risalirebbero alla Palepoli greca, la vecchia città che si contrapponeva alla città nuova "Neapolis". In quei tempi si preparava infatti un impasto a base di acqua e farina che veniva tagliato a pezzetti, fritto e cosparso di miele, e venivano chiamati struggolos. Con il passare dei secoli le migliori ricette di dolci hanno preso vita da conventi e monasteri, come ad esempio la santarosa, creata nel convento omonimo che si trova a Conca dei Marini, in provincia di Salerno oppure i susamielli, tipici dolci natalizi a forma di lettera S realizzati nell'antico convento di Donnaregina. Il dolce simbolo di Napoli, il babà, è arrivato a noi grazie ai francesi, anche se la sua nascita si attribuisce a un re polacco del Settecento, Stanislao Leszczynski, la traduzione del nome di questo dolce era "vecchia signora", forse perché era così morbido da poter essere gustato anche da chi non aveva i denti. Con il passare dei secoli la tradizione napoletana si è mescolata alla cultura di altri popoli e anche la pasta dei dolci ha subito trasformazioni ed evoluzioni cambiando forme, preparazioni e tipologie di cottura: pan di spagna, pasta frolla, sfoglie. Fu poi nel 1819 che un noto ristoratore napoletano, Pasquale Pintauro, creò la sfogliatella, un dolce realizzato per essere mangiato in strada durante la passeggiata domenicale. Nel 1860, poi, con l'Unità di Italia, la pasticceria napoletana diventa patrimonio nazionale continuando la sua evoluzione nel tempo.

I Dolci Napoletani Tipici delle Festività Natalizie e Pasquali

I dolci napoletani più tipici si preparano soprattutto a Natale e Pasqua: in occasione delle festività, quindi, la pasticceria napoletana si arricchisce di dolci della tradizione a cui è impossibile resistere, da quelli conosciuti in tutto il mondo a quelli poco conosciuti fuori dalla Campania.

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Dolci Natalizi Campani: Un Tripudio di Sapori

Già qualche giorno prima della Vigilia, tutta la famiglia si riunisce per preparare le ricette tipiche.

  • Struffoli: Sono il dolce più antico della tradizione pasticcera partenopea, importanti sul territorio italiano dai Greci ai tempi della Magna Grecia. Secondo la storia ai tempi l’impasto era preparato con una base di farina ed acqua, successivamente tagliato a piccoli pezzi e poi fritto. Infine veniva cosparso di miele. In origine gli struffoli venivano chiamati struggolos. Il nome deriva dal greco e letteralmente si traduce come “di forma tondeggiante”. Gli struffoli hanno dato vita a tantissime altre ricette che piano piano si sono poi diffuse in tutta Italia. Punto di riferimento e spunto creativo per l’intera pasticceria italiana. Il dolce è composto da numerosissime palline di pasta, realizzata impastando farina, uova, strutto, zucchero, sale e liquore all’anice, di non più di 1 cm di diametro, fritte nell’olio o nello strutto e, una volta lasciate raffreddare, sono avvolte in miele caldo e disposte in un piatto dando loro una forma a ciambella. Infine, il dolce è decorato con pezzetti di cedro e altra frutta candita, pezzetti di zucchero e confettini colorati, chiamati diavulilli in napoletano.

  • Roccocò: Le origini della ricetta risalgono al 1320, grazie ad una prima preparazione fatta dalle monache del Real Convento della Maddalena di Napoli. Il nome del dolce deriva, invece, dal termine francese “rocaille”, in quanto la sua forma è barocca e tondeggiante assimilabile ad una conchiglia arrotondata. Per tradizione, le famiglie napoletane li preparano l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione, in cui prendono inizio i festeggiamenti e le decorazioni natalizie e durante tutto il periodo natalizio. Il dolce è a base di mandorle, farina, zucchero, canditi e pisto napoletano. Ovvero un mix di spezie varie a base di cannella, chiodi di garofano, coriandolo, anice stellato e noce moscata, che dona a questi dolci il caratteristico colore e profumo. Viene cotto al forno ed ha una forma tondeggiante simile a quella di una ciambella schiacciata della grandezza media di 10 cm. È un biscotto particolarmente duro, ammorbidito, di solito, bagnandolo nel vermut, nello spumante, nel vino bianco o nel marsala.

  • Mostaccioli: I “mostaccioli” o “mustacciuoli” sono morbidi biscotti ricoperti di cioccolato, tipici della tradizione culinaria napoletana, secondo la quale si preparano dall’8 dicembre e accompagnano tutti i pranzi e le cene delle festività natalizie insieme ad altri dolci tipici. La ricetta è molto antica e risale al periodo dell’Antica Roma. Il nome deriva dal latino “mustaceum”, una focaccia dolce preparata con il mosto d’uva cotto su foglie di lauro. In epoca romana i mostaccioli erano offerti ai convitati al momento della partenza, un ultimo segno di attenzione all’ospite che si congedava. La versione napoletana non prevede più il mosto (ingrediente da cui originava l’etimologia della parola), sostituito, invece, da cioccolato e miele. I mustaccioli hanno una forma romboidale e sono grandi circa 10-12 cm. Sono ricoperti di una glassa di cioccolato e all’interno sono caratterizzati da una pasta morbida dal sapore di miele.

  • Susamielli: Le origini di questi biscotti risalgono all’antica Grecia. Derivano da ciambelle di sesamo e miele preparate in onore delle dee Demetra e Core dei Misteri Eleusini. Il nome, derivante dal greco “sesamon”, risale al latino tardo “sesamun+mel”. Sono anche conosciuti con il nome “sapienze”: nel Seicento le Clarisse del Convento di Santa Maria della Sapienza erano specializzate nella preparazione di questi dolci. I susamielli sono dei dolci a forma di “S“, i cui ingredienti principali sono farina, zucchero, mandorle, frutta candita e miele e sono aromatizzati con cannella, pepe, noce moscata.

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  • Raffiuoli: I raffiuoli o “raffioli” sono composti da una pasta simile al pan di Spagna e ricoperti di una glassa bianca a base di zucchero; hanno la forma ellittica. Questo dolce deve il suo nome ai ravioli di pasta fresca tipici del Nord Italia, in quanto le monache benedettine del monastero di San Gregorio Armeno, si ispirarono proprio a questa ricetta. Il Raffiolo si presenta come un ovale ricoperto di glassa bianca, sotto cui s’intravede un piccolo rettangolo di zucchero verde; proprio peer questa sua caratteristica, a volte, viene chiamato “cassatina”. L’interno di questo dolcetto è formato da due dischi di pan di spagna bagnati da uno sciroppo fatto di acqua, zucchero, limone e liquore; tra i due strati di pan di spagna c’è poi un ripieno fatto di ricotta, zucchero e gocce di cioccolato.

Dolci Pasquali Napoletani: Simboli di Rinascita e Tradizione

  • Pastiera: Dolce tipico napoletano di Pasqua, la pastiera è anche chiamata pizza di grano. Pare che il termine pastiera derivi dalle parole impasto e ieri, proprio perché come insegnano i maestri pasticceri partenopei, la pastiera deve essere preparata il giorno prima dell’effettivo consumo. La leggenda che vede protagonista questa meravigliosa torta si ispira alla sirena Partenope. Quando questa sirena si trovava a passare per il Golfo di Napoli, era solita allietare i napoletani con il suo dolce canto. Infinitamente grati della sua benevolenza, i locali decisero di portarle in dono sette diversi doni: Ricotta - simbolo di abbondanza; Farina - simbolo di ricchezza; Uova - emblema di fertilità; grano nel latte - in rappresentanza della fusione tra regno animale e vegetale; zucchero - per celebrare il dolce canto della sirena; spezie - omaggio di tutti i popoli; fiori d’arancio - ricordo del profumo della terra campana. Lieta dei doni ricevuti in omaggio, Partenope decise allora di portare tutti i doni agli dei. Questi non mescolarono allora gli ingredienti, dando vita alla leggendaria pastiera napoletana che decisero di regalare ai napoletani, tanto era buona e sopraffina. Le prima mani che impastarono la pastiera napoletana, sono state quelle delle monache di clausura del convento di San Gregorio Armeno. Le suore erano solite preparare il dolce per le famiglie napoletane nobili e appartenenti all’alta borghesia. La pastiera è ancora oggi simbolo di pace e prosperità. Si prepara e si gusta ogni giorno dell’anno, ma in abbonda in modo particolare nelle vetrine delle pasticcerie e sulle tavole degli italiani, nel giorno del Giovedì Santo. L’impasto è così strepitoso che riesce a mantenersi fresco per i successivi 10 giorni. La pastiera napoletana, a dispetto del nome, non è legata unicamente a Napoli. Si tratta, anzi, di un dolce tradizionalmente preparato in tutte le case e che si presta anche a varie interpretazioni. Nella sua versione più conosciuta è una base di pasta frolla farcita con ricotta, grano bollito nel latte e scorze d’arancia candita. Non di rado poi si aggiunge una speziatura di cannella. Una volta cotta si presenta come una crostata: colore giallo oro ai bordi e superficie leggermente brunita e decorata con un intreccio di larghe strisce di frolla.

  • Casatiello Dolce: C'è poi il casatiello dolce che si prepara con un impasto a base di farina, zucchero, sugna, lievito, arricchito con spezie e aromi, una ricetta che richiede una lievitazione lenta e una copertura finale di glassa e zuccherini colorati.

  • Pizza Dolce: Anche la pizza dolce è una preparazione tipica pasquale, realizzata con pasta frolla ripiena di crema pasticcera e amarene, un dolce semplice ma davvero goloso.

I Dolci Napoletani Tipici Più Conosciuti e Apprezzati

La pasticceria napoletana è sicuramente tra le più prolifiche d'Italia, tanti i dolci tipici i cui profumi inebriano ogni giorno le strade della città tra babà, sfogliatelle, zeppole e tanto altro, profumi e sapori che provengono perlopiù da famose pasticcerie napoletane, che hanno creato o reso famosi molti dei dolci più amati della città: come la sfogliatella riccia di Attanasio o la frolla di Carraturo, il Ministeriale di Scaturchio e le millefoglie di Moccia, fino ad arrivare ai fiocchi di neve di Poppella.

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  • Babà Napoletano: Famoso tanto quanto la sfogliatella, se non di più, il babà è un dolce napoletano dalle origini antiche e curiose. La tradizione vuole che non sia nato a Napoli, ma addirittura in Polonia. Nato per un fortuito errore, è stato il caso a creare il leggendario sapore al rum. La storia inizia con lo zar polacco Stanislao Lesczynski che era solito mangiare i kugelhupf, un dolce tipico polacco. Stanco della consistenza troppo asciutta di questo dolcetto e in preda ad uno scatto d’ira furibonda, lo zar scagliò il dolce contro una bottiglia di rum che, cadendo a terra, si frantumò e impregnò il dolce con il liquido. L’inebriante ed invitante profumo fu così dolce e forte che lo zar lo volle subito assaggiare e ne rimase immediatamente conquistato. Decise allora di chiamare il nuovo dolcetto Alì Babà, in onore del famoso personaggio de “Le Mille e una Notte”. In seguito lo zar fu detronizzato e scappò in Francia portandosi dietro la ricetta del dolce. Qui venne perfezionata dai pasticceri francesi che gli cambiarono il nome in Babà. Quando infine i migliori cuochi francesi si spostarono in Italia per andare a servizio delle più importanti famiglie nobili napoletane, trasferirono la ricetta nel Belpaese. Qui i cuochi partenopei le chiamarono infine babà. L’etimologia del nome polacca può essere tradotto, all’incirca, in “vecchia signora”. L’appellativo era forse stato dato al dolcetto per via della pasta così particolarmente morbida e soffice da poter essere mangiata anche dalle persone anziane prive di denti. Il babà napoletano è un grande classico della tradizione dolciaria partenopea, un lievitato dalla consistenza soffice e spugnosa, preparato con farina manitoba, burro, uova, miele e lievito di birra sbriciolato. Cotto in stampi monoporzione e impregnato con una bagna al rum, è perfetto da gustare a merenda e fine pasto insieme ad altre specialità tipiche. Il babà o babbà, comunque lo si voglia chiamare, è soffice, con un impasto reso morbido dalla bagna al rhum di cui è imbevuto. La componente alcolica è protagonista nella sua versione classica. Solitamente di piccole dimensioni (15-20 centimetri di lunghezza, 5-6 cm di diametro), ne esistono anche declinazioni diverse, da quella mignon, che vede il babà protagonista degli assortimenti di piccola pasticceria, a quella gigante (fino a 35-40 cm). La creatività partenopea, poi, ha saputo inventare anche la torta babà. Gli ingredienti di base sono gli stessi, a cambiare è semplicemente la forma: tipicamente alta, si può presentare a cupola, tipo zuccotto, o come una sorta di ciambella, con la superficie liscia o più comunemente decorata da ciuffetti di panna o di crema, frutti rossi, scorze di frutta candita o scaglie di cioccolato.

  • Sfogliatella: La sfogliatella riccia è un altro dei dolci simboli di Napoli. Non c’è niente di meglio che sorseggiare un buon caffè (naturalmente senza zucchero) assaporando una croccante sfogliatella con lo sguardo rivolto al Golfo di Napoli. Per parlare delle sfogliatelle napoletane è necessario prima parlare della Santa Rosa, uno dei dolci tipici napoletani legati alla tradizione “religiosa” della città. A partire dal VII secolo, la pasticceria napoletano iniziò a coinvolgere nella produzione i conventi e i monasteri locali. Ogni struttura infatti era solita inventare e cucinare un proprio tipico dolce. La Santa Rosa è appunto un’antenata della sfogliatella napoletana inventata dall’omonimo convento che ancora poggi si trova a Conca dei Marini, in provincia di Salerno. La sfogliatella attuale, così come la conosciamo (e amiamo) oggi, è nata nel lontano 1819 ad opera di Pasquale Pintauro, un noto e apprezzato ristoratore napoletano. Pasquale all’epoca decise di aprire una raffinatissima pasticceria in Via Toledo e per l’occasione reinventò la Santa Rosa, battezzandola sfogliatella. Il principio che Pasquale seguì per creare la sfogliatella, fu quello di realizzare una sorta di Santa rosa versione povera, che avrebbe dovuto accompagnare i napoletani durante la passeggiata domenicale. Il successo fu immediato e travolgente. Ancora oggi la sfogliatella è uno dei dolci tipici napoletani più conosciuti e amati in tutto il mondo. Le sue origini sono riconducibili a Conca dei Marini, località della provincia di Salerno, che fa parte della costiera amalfitana. È qui, nel Conservatorio Santa Rosa da Lima, all’epoca monastero domenicano, che nasce (nel XVIII secolo) l’antenata della sfogliatella. Leggenda vuole che fu preparata utilizzando della pasta di semola avanzata e mischiata ad altri ingredienti, quali frutta secca, zucchero e limoncello. Con l’impasto così ottenuto si farcirono degli involucri di pasta sfoglia da cuocere in forno. Il successo fu tale che il dolce si diffuse presto anche al di fuori del monastero e divenne presto noto come Santarosa, in onore della monaca cui era dedicato il convento. La ricetta originale della Santarosa era a base di pasta sfoglia. Oggi esistono però due varianti di sfogliatella napoletana, riccia e frolla. La distinzione sta proprio nell’involucro esterno, che può essere di pasta frolla, appunto, o di pasta sfoglia. Quest’ultima è la versione più diffusa, con la caratteristica forma a fagottino dalla superficie increspata. Non a caso, viene detta anche sfoglia riccia e, soprattutto nel salernitano, è tipica in una versione detta coda d’aragosta, più grande nelle dimensioni e con una farcitura a base di crema, panna o marmellata. Il ripieno della sfogliatella classica, riccia o frolla che sia è tradizionalmente costituito da ricotta, zucchero, uovo e semolino, cui viene spesso aggiunto l’aroma di vaniglia o di cannella. In alcuni casi l’impasto è arricchito da scorze candite d’arancia e di cedro.

  • Zeppole di San Giuseppe: Si chiamano zeppole di San Giuseppe perché si tratta di dolci preparati in occasione della festa del papà che si celebra il 19 marzo di ogni anno. Ma queste piccole nuvole dolci di pasta choux (la stessa che si usa per la preparazione dei bigné), crema pasticcera e amarene sciroppate sono presenti nelle pasticcerie napoletane, e non solo, quasi tutto l’anno.

  • Torta Caprese: La storia della cucina ha dimostrato che dagli errori spesso nascono grandi capolavori. Ne è l’esempio la torta caprese nata intorno al 1920 per un errore. Il cuoco aveva intenzione di preparare una classica torta al cioccolato, ma dimenticò di inserire la farina nell’impasto. Il risultato è arrivato fino a noi in forma della dolcissima torta caprese che si prepara con farina di mandorle e nocciole, cioccolato fondente e uova. Sono tanti i prodotti e le specialità della tradizione enogastronomica italiana frutto di una svista o di una dimenticanza. È il caso della torta caprese, nata intorno agli anni venti del secolo scorso. Protagonista del fortunato errore, il pasticcere Carmine Di Fiore. Nel voler preparare un dolce a base di cioccolato e mandorle in onore di tre malviventi in missione a Capri per conto del boss italo-americano Al Capone, Di Fiore dimenticò un ingrediente fondamentale: la farina. Dimenticanza che è divenuta chiave del successo nonché elemento caratterizzante di questo dolce. Il risultato è, infatti, una torta dalla consistenza morbida, che avvolge letteralmente il palato dell’aroma pieno del cioccolato, con la nota inconfondibile delle mandorle ad arricchirne il gusto e a variarne la consistenza. L’impasto è a base di burro, uova, zucchero, cui si aggiungono cacao amaro o cioccolato fondente opportunamente sciolto e mandorle tritate. Dopo la cottura si presenta naturalmente color marrone scuro, con una crosticina esterna di cioccolato e l’interno morbido. Esistono alcune varianti della torta caprese, che prevedono l’aggiunta di nocciole o noci tritate, insieme oppure in sostituzione delle mandorle. Ha trovato una certa diffusione anche la versione bianca, dove cioccolato fondente e mandorle lasciano spazio a cioccolato bianco e limone. Ne risulta un dolce che conserva le caratteristiche dell’originale in fatto di morbidezza interna, ma dal gusto completamente diverso.

  • Delizia al Limone: Prendete i limoni della Costiera Amalfitana e sentitene il profumo. Potrete ritrovare questo favoloso e unico aroma nella delizia al limone, un altro dei dolci tipici napoletani. Parlando di Campania e dei suoi dolci tipici, non possiamo ormai fare a meno di citare la delizia al limone. Seppur di recente invenzione (1978), è entrata a pieno titolo tra le specialità dolciarie che vantano l’iscrizione al registro dei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Si tratta di una cupola di pan di Spagna con bagna al limoncello e farcitura di crema al limone. Crema al limone che va a comporre (insieme alla panna) anche la glassa di copertura esterna, dove si presenta dunque bianca e cremosa, spesso decorata in superficie da ciuffetti di panna o di crema e da scorze di limone o dalla classica ciliegina sulla sommità. La paternità di questo dolce è attribuita al pasticcere sorrentino Carmine Marzuillo. Oltre a essere preparata come torta, è molto diffusa la versione monoporzione, comunemente chiamata anche tettarella, per la forma che ricorda quella di un seno femminile.

  • Ministeriali: È stato dato un nome insolito a questi medaglioni di cioccolato farciti con una crema al liquore. I ministeriali si chiamano in questo modo perché il pasticcere che li realizzò li volle inserire tra le ricette di Corte.

  • Migliaccio Napoletano: Il migliaccio napoletano è una torta tipica del periodo del Carnevale partenopeo. In antichità si preparava con il miglio, come tanti altri dolci di Carnevale italiani.

  • Fiocchi di Neve: pasta brioche soffice con panna, ricotta di pecora e crema.

Dove Gustare i Dolci Tipici Campani: Un Itinerario Goloso

A partire da Napoli, la città capoluogo, dove la fervida creatività per cui i suoi abitanti sono noti trova espressione anche nell’arte pasticcera.

  • Antico Forno Fratelli Attanasio: Un vero campione della sfogliatella, situato in Vico Ferrovia, a ridosso della stazione centrale.
  • Casa Infante: Ottimo gelato artigianale, ma anche babà, proposto in varie declinazioni.
  • Pasticceria Capparelli: Ottime sfogliatelle e pastiera napoletana, con babà anche in formato gigante.
  • Pasticceria Poppella: A Rione Sanità, famosa per il suo Fiocco di Neve, un soffice bauletto di pasta con ripieno di crema a base di latte fresco e ricotta di pecora.
  • Pasticceria De Vivo (Pompei): Marchio storico che propone tutti i classici della tradizione napoletana.
  • Pasticceria Gabbiano (Pompei): Del maestro pasticcere Salvatore Gabbiano, noto anche per i suoi lievitati.
  • Panificio Ascolese (San Valentino Torio): Pane fresco, grandi lievitati e dolci sfiziosità della tradizione campana, con un curioso babà in vasocottura.
  • Pasticceria Angelo Grippa (Eboli): Riconoscimento due torte di Gambero Rosso nel 2018.
  • Pasticceria Cappiello (Santa Maria Capua Vetere).
  • Pasticceria di Salvatore De Riso (Minori): Un autentico luogo di culto per ogni goloso, con una fucina di golosità d’ogni genere.
  • Pasticceria Pepe (Sant’Egidio del Monte Albino): Di Alfonso Pepe, noto soprattutto per i suoi grandi lievitati e la pastiera lievitata.

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